La propaganda di Big Pharma sulla vivisezione
Un ricercatore scientifico particolarmente esperto in materia, il dottor Massimo Tettamanti (nota 1), scrive: “Non so se per egoismo, pavidità o incoscienza, ma molte persone, pur non sapendo nulla sull’argomento, continuano a ripetere frasi come: “…non si può fare a meno della vivisezione perché è necessaria per alleviare i mali fisici dell’uomo…altrimenti come si testerebbero i farmaci e altri prodotti?”. Chiunque altro può fare la stessa identica esperienza semplicemente provando ad interrogare più persone diverse sull’utilità di questo tipo di sperimentazione. La quasi totalità degli interpellati pur riconoscendo che la vivisezione è una pratica terribile, ne dichiarerà la necessità nel timore infondato di ritrovarsi senza medicine. Tale tipo di opinione è il risultato della propaganda di Big Pharma, ovvero esattamente ciò che quest’ultima vuole farci credere. Le masse infatti, a causa della costante disinformazione che circonda l’argomento ignorano quasi completamente i disastri causati dalla farmacologia moderna come ignorano il fatto che molti autorevoli scienziati cominciano a denunciare apertamente l’inutilità, se non addirittura la pericolosità della stragrande maggioranza delle “medicine” approvate attraverso l’uso della vivisezione. Ad ammetterlo troviamo perfino il Prof. Silvio Garattini, il celebre scienziato farmacologo che da anni sostiene a spada tratta la validità della vivisezione e che dirige l’Istituto Mario Negri di Milano. Ecco infatti cosa ha dichiarato pubblicamente il 30 ottobre 2005 sul quotidiano Il Messaggero (pag.13) sotto l’incalzare delle domande del giornalista Roberto Gervaso:
- Davvero i farmaci utili NON sono più di una decina? Nella pratica clinica corrente sono qualche decina.
- E in quella specializzata? Probabilmente poco più di un centinaio.
- Quali? Farmaci cardiovascolari, per il sistema nervoso centrale, gastrointestinali ed antibiotici.
- I farmaci ETICI di più largo consumo? Gli stessi.
- I farmaci più “salvifici”? I vaccini.
- Quelli di cui più si abusa? Gli psicofarmaci.
- Quelli che producono più effetti collaterali? Gli antitumorali.
- I farmaci più innovativi? Molto pochi.
- Come verificarli? A distanza di tempo.
- Sono in aumento o in diminuzione? In continua diminuzione. Negli USA, in undici anni, dal 1992 al 2003, sono passati da 30 a 11.
- Perché i farmaci antitumorali sono cosi tossici? Poiché non agiscono solo sulle cellule tumorali, ma anche su quelle dei tessuti normali.
- I rischi degli analgesici? I danni renali.
- Degli antinfiammatori? I danni renali e il sanguinamento gastrointestinale.
- I farmaci più allergenici? Dipende dalla sensibilità individuale.
- Gli integratori minerali e vitaminici integrano davvero? Integrano il bilancio delle aziende produttrici.
- I farmaci da banco che più facilmente inducono l’effetto placebo? Gli integratori alimentari.
- Quante pillole si consumano ogni anno in Italia? 1,5 miliardi di confezioni. Più un numero imprecisato di prodotti della medicina alternativa.
- In media quanti farmaci, attivi o inutili, assume ogni italiano? CIRCA 26 CONFEZIONI L’ANNO. IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE SPENDE 42 MILIONI DI EURO AL GIORNO.
- E quanti sono i pazienti? 15 milioni.
- Perché i medici di base prescrivono con tanta facilità farmaci etici? È PIÙ FACILE PRESCRIVERE CHE IMPIEGARE TEMPO PER ASCOLTARE I PAZIENTI.
- I farmaci costano troppo o il giusto? TROPPO.
Note
1) Marcia Angell, Farma&Co. Industria farmaceutica: storie straordinarie di ordinaria corruzione, Il Saggiatore, 2006.
2) Vivisezione o scienza, Pietro Croce, Edagricole Calderini, 2000.
Numerose e ripetute nel tempo sono le dichiarazioni degli scienziati sull’inaffidabilità della sperimentazione animale. A titolo esemplificativo possiamo citarne alcune particolarmente eclatanti:
“La possibilità di utilizzare per l’uomo i dati ottenuti con gli esperimenti su animali ha perso negli ultimi anni gran parte della credibilità che vantava sotto forma dogmatica nel secolo scorso. La revisione scientifica ha sancito l’inattendibilità della sperimentazione su animali per l’uomo”. P. Sandercocke I. Roberts, Lancet 2002.
Analoghe considerazioni sono state fatte, alla fine del secolo scorso, anche dal professor Umberto Veronesi: “Gran parte delle ricerche sul cancro…è stata svolta su animali da laboratorio. Si sperava di ottenere un modello sperimentale che riproducesse nell’animale le condizioni di sviluppo dei tumori umani e quindi di trasferire all’uomo i risultati ottenuti. Ma intorno agli anni sessanta ci si è resi conto che questa seducente ipotesi di lavoro non era realizzabile. I tumori dei topi, dei ratti, dei polli, o delle cavie sono sostanzialmente diversi da quelli dell’uomo; diverso è il loro modo di formarsi, di accrescersi, di metastatizzare. Perciò, nonostante l’enorme mole di informazioni apprese, l’utilizzazione in campo umano era trascurabile. Era dunque necessario trasferire le ricerche direttamente sui tumori dell’uomo…”. Affermazione riportata in Cancro: un male evitabile, G. Tamino, ed. Cosmopolis, 2006.
“I rischi di tumore determinati da sostanze tossiche si studiano con esperimenti su topi e ratti, e il 42% delle sostanze finora esaminate si è rivelato positivo nel topo e negativo nel ratto, oppure il contrario. Quindi se due animali strettamente imparentati e di vita breve come il topo e il ratto forniscono risposte completamente diverse, se ne deve dedurre che la trasposizione dei risultati all’uomo è estremamente opinabile”. Affermazione di Bruce N. Ames, Presidente della Facoltà di Biochimica dell’Università di California, 1987.
3) “Test di cancerogenicità condotti nel topo e nel ratto forniscono talvolta risultati contrastanti nelle due specie. Perciò si suppone che l’organismo umano possa mostrare risultati differenti da quelli di organismi da esperimento. In secondo luogo, se ci sono prove che un composto sia mutageno (ed eventualmente cancerogeno) anche nell’uomo, non è detto che la potenza del composto, dosata su animali, sia la stessa nell’uomo. Per questo motivo i dati estrapolati dagli animali. ad esempio la valutazione del rischio di cancerogenicità, sono da considerarsi indicazioni molto grossolane. Solo l’osservazione sull’uomo può fornire indicazioni sicure per la valutazione e la prevenzione del rischio umano”. Trattato di genetica UTET (autori: Curtoni, Dallapiccola, De Marchi, Mattinz, Momigliano Richiardi e Piazza, 1991).
“Anche quando un composto è cancerogeno sia nell’uomo che in una specie animale, la sua cancerogenicità può manifestarsi in modi e parti del corpo diversi. La benzedrina, per esempio, causa tumore alla vescica negli umani, tumore al fegato nei criceti e tumori alle orecchie nei ratti”. Cancro: un male evitabile G. Tamino, ed. Cosmopolis, 2006.
“…uno studio sulla nutrizione, della durata dell’intera vita, su ratti e topi, sembra avere meno del 50% di probabilità di rintracciare cancerogeni umani noti. Sulla base della teoria della probabilità , sarebbe stato meglio lanciare in aria una moneta”. David Salsburg The Lifetime Feeding Study in Mice and Rats – An Examination of Its Validity as a Bioassay for Human Carcinogens, Oxford University Press 1983.
“I cancri provocati mediante impianto o iniezione nell’animale non possono in nessun caso, né per la causa né per l’effetto, essere paragonati a quelli dell’uomo”. Dichiarazione rilasciata nel 1986 dal professor Iain F.H. Purchase, presidente della British Toxicology Society e vincitore nel 2004 del premio IUT, International Union Of Toxicology.
“I cancri da laboratorio non hanno nulla a che vedere con quelli naturali dell’uomo. Le cellule tumorali umane non sono estranee all’organismo che le ospita. Il cancro umano differisce profondamente dai tumori artificiali provocati dagli esperimenti nei laboratori”. Dichiarazione rilasciata dal famoso virologo Albert Sabin in occasione di una conferenza tenuta nel giugno 1978 a Napoli.
4) “In molti casi sono stati innestati nei topi, per studiare possibili medicinali anticancro, tumori umani, ma il risultato è stato quello di ottenere farmaci efficaci a guarire i topi ma non l’uomo”. T. Gura. Science. 1997).