Indice glicemico: L'indice glicemico di un alimento rappresenta la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione di quell'alimento. La glicemia è la concentrazione di glucosio nel sangue, è un esame del sangue di routine e può essere comodamente misurata a casa con appositi misuratori. L'indice è espresso in termini percentuali rispetto alla velocità con cui la glicemia aumenta in seguito all'assunzione di un alimento di riferimento (che ha indice glicemico 100): un indice glicemico di 50 vuol dire che l'alimento innalza la glicemia con una velocità che è pari alla metà di quella dell'alimento di riferimento.
I due alimenti di riferimento più utilizzati sono il glucosio e il pane bianco.
Indice insulinico: L'indice insulinico esprime l'effetto di un dato alimento sui livelli ematici di insulina (insulinemia). Un alimento, quindi, si definisce ad alto indice insulinico quando aumenta notevolmente la concentrazione di insulina nel sangue. Viceversa, i cibi con basso indice insulinico non influenzano in maniera significativa la secrezione di quest'ormone. Rappresenta un'evoluzione dell'indice glicemico: non sempre a un aumento della glicemia corrisponde un aumento della secrezione insulinica. Anche qui il valore di riferimento è il glucosio (100).
Un esempio? Il latte ha un basso indice glicemico ed un elevato indice insulinico. (…)
Fonte: http://bit.ly/1L495N9
Indice glicemico e insulinemico: facciamo chiarezza | | | |
DI WILLIAMS BERGOMI |
L’indice insulinico L’Indice insulinico è un parametro che misura la produzione d’insulina (ormone peptidico prodotto dalle cellule delle isole di Langherans del pancreas) nell'organismo in risposta all'ingestione di un qualsiasi alimento. Esso rappresenta l'effetto di un alimento esclusivamente e direttamente sull'insulinemia (concentrazione d’insulina nel sangue), e non sulla glicemia (concentrazione di glucosio nel sangue), permettendo una valutazione più precisa della risposta insulinica. L'indice insulinico è un valore assoluto che stabilisce il diverso potere insulinogenico degli alimenti sulla base della stessa quantità calorica (239 kcal, equivalenti di 1000 kj), e quindi guarda ai diversi tempi di assimilazione e all'intensità di secrezione dell'ormone a parità di valore calorico. L'insulina non ha il solo compito di abbassare la glicemia, e non ha dunque una funzione legata solo ai carboidrati. Ciò che normalmente non si sottolinea, è che l'ormone in questione rappresenta un importante molecola deputata alla crescita e al "nutrimento" vero e proprio dei tessuti insulino-dipendenti, cioè muscolo scheletrico, muscolo cardiaco, e tessuto adiposo, ovvero gli unici organi bersaglio che subiscono la sua azione diretta. Essa è responsabile del trasporto di glucosio, amminoacidi, grassi, ed altre molecole minori come gli acidi nucleici, verso questi tessuti favorendo vari processi come la proteosintesi (sintesi proteica), e lo stoccaggio di riserve di carboidrati (glicogenosintesi) e lipidi (lipogenesi). L'insulina quindi non si presenta solo in casi di eccesso di introduzione glucidica, ma nel caso in cui venga introdotto qualsiasi nutriente calorico, col fine di veicolare parte dei derivati della sua scissione verso questi apparati (…) L'indice glicemico tiene conto solo dell'innalzamento della glicemia in relazione all'impatto dei carboidrati, ma non della produzione di insulina totale, o per i cibi estranei agli stessi carboidrati; l’indice insulinico, invece, permette di valutare più precisamente la risposta insulinica di tutti i cibi. L'indice glicemico non considera una completa ed accurata valutazione di tutti i cibi ed i loro effetti sul metabolismo del glucosio. L'indice insulinico al contrario permette di valutare se un qualsiasi alimento, non necessariamente un carboidrato, sia in grado di provocare una risposta insulinica bassa, elevata o moderata. L'impatto dei macronutrienti sull'insulinemia è, del 95% circa per i carboidrati, del 50% circa per le proteine e del 10% circa per i grassi, e ciò conferma che non sono solo i carboidrati ad incidere sulla produzione insulinica, ma anche proteine in maniera moderata, e grassi in maniera molto blanda, cosa che l'indice glicemico non considera. Tale indice riconosce il potere insulinogenico di tutti i macronutrienti, e quindi sottolinea che alcune classi di cibi riescono a stimolare l'insulina in maniera sproporzionata rispetto al loro indice e carico glicemico, e che il pasto misto determini comunque una produzione dell'ormone ben superiore rispetto al suo contenuto di carboidrati (…) |
Diversi studi confermano come il consumo di cibi freschi e non raffinati influisca in maniera inferiore sull’indice insulinico evitando picchi di secrezione di questo ormone.
Cibi industriali composti da diversi nutrienti, specie raffinati (come zuccheri semplici e grassi idrogenati) stimolano l'insulina in maniera sproporzionata rispetto al loro indice glicemico. Infatti, tra i cibi che più innalzano l'insulina spiccano i prodotti di pasticceria, i croissant, i biscotti, le merendine, le barrette dolci, i gelati, ed anche il pane bianco. In questi casi, considerare l'indice e il carico glicemico non è predittivo della conseguente produzione dell'ormone, che risulterà in ogni caso maggiore (…)
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Batosta storica per l’insulinismo mondiale
Questo articolo nasce per approfondire una tematica sconosciuta ai più, e cioè l'esistenza di un indice insulinico degli alimenti che ne descrive la capacità di far produrre insulina al nostro pancreas senza relazione con la glicemia e al di fuori, dunque, della normale risposta insulinica agli alimenti contenenti carboidrati.
ESISTE UN INSULINE SCORE, O UN PUNTEGGIO INSULINICO DA CARNE, CHE SOVRASTA DI MOLTO L'INDICE GLICEMICO
Bisogna sapere che, malgrado il loro indice glicemico (IG) "troppo basso per essere definito", alcuni alimenti (in particolare: carne, pesce, uova e latticini) hanno la capacità di indurre il pancreas a secernere molta insulina, cioè hanno un indice insulinico (IS, da "insulin score" o punteggio insulinico) elevato e non correlato all'IG.
RUOLO CENTRALE ATTRIBUITO ERRONEAMENTE PER ANNI ALL'INDICE GLICEMICO
Questo fatto, rilevato sperimentalmente solo di recente, sta ridimensionando in modo drammatico il ruolo centrale che si attribuiva all'indice glicemico nell'insorgenza del Diabete. La ricerca in questione è quella pubblicata da Holt SH, Miller JC e Petocz P. su Am J Clin Nutr. 1997 Nov 66(5), 1264-76 e dal titolo "An insulin index of foods: the insulin index of foods: the insulin demand generated by 1000-kJ portionsof common foods".
MISURAZIONE RISPOSTA INSULINICA A PARITÀ DI ENERGIA E NON DI CARBOIDRATI
Nell'articolo, gli scienziati spiegano che hanno scelto di misurare la risposta insulinica in termini di porzioni di alimenti determinate a parità di contenuto energetico (1000 kJ, pari a circa 240 kcal) anziché a parità di carboidrati, proprio perché cercavano di isolare una risposta insulinica differenziata da quella normalmente relativa al glucosio. Già all'epoca era stato, infatti, ben studiato il concetto di indice glicemico ed era stata ben correlata la risposta glicemica ai diversi tipi di alimenti, ma quasi nessuno studio la aveva messa in relazione con l'effettiva quantità di insulina circolante nei soggetti.
STUDIO SU 38 ALIMENTI
Lo studio ha considerato 38 alimenti, suddivisi in 6 categorie:
A) Frutta: uva, banane, mele ed arance;
B) Prodotti da forno: croissants, torta al cioccolato glassata, ciambelle con cannella e zucchero, biscotti al cioccolato, crackers;
C) Snacks: Mars, yogurt alla fragola, gelato alla vaniglia, caramelle gommose, arachidi tostate e salate, patatine fritte, pop-corn;
D) Alimenti ricchi di proteine: formaggio americano (cheddar), uova in camicia, lenticchie bollite in salsa di pomodoro, fagioli al forno in salsa di pomodoro, bistecca di manzo alla griglia, pesce bianco al vapore;
E) Alimenti ricchi di carboidrati: pane bianco, pane integrale, pane di segale, riso bianco, riso integrale, pasta bianca, pasta integrale, patate bollite, patatine fritte al forno;
F) Cereali da colazione: Kellog's Cornflakes, Special K, All-Bran, muesli naturale, zuppa di avena, ed altri sconosciuti in Italia.
METODO USATO
Ciascuno dei soggetti selezionati per lo studio ha dapprima consumato una porzione di pane bianco, per confermare la sua normale tolleranza al glucosio. Il pane bianco è stato anche scelto come riferimento per lo studio, assegnandogli un punteggio insulinico IS = 100%, e contro di esso sono stati analizzati gli effetti di tutti gli altri alimenti. L'uso di un alimento di riferimento mette al riparo dagli effetti di confusione che fattori individuali nella risposta al glucosio possono causare nei risultati finali dell'esperimento.
LIVELLI DI GLUCOSIO E DI INSULINA DOPO 10 ORE DI RIPOSO NOTTURNO
Ogni soggetto ha avuto la misura del livello di glucosio e di quello di insulina dopo 10 ore di digiuno notturno, ed ha poi consumato l'alimento di test insieme a 220 ml di acqua. I soggetti sono quindi stati lasciati seduti comodamente e sono stati loro misurati i livelli di glucosio ed insulina nel sangue ad intervalli di 15 minuti per le successive 2 ore.
CALCOLO NON DI INDICE GLICEMICO (IG) MA DI PUNTEGGIO GLICEMICO (GS) ED INSULINICO (IS)
Dunque per ogni soggetto è stato calcolato il punteggio insulinico (IS) di ciascun alimento come percentuale, moltiplicando per 100 il rapporto tra il carico insulinico (area sotto la curva della risposta insulinica - integrale o AUC) generato dall'alimento in esame, e il carico insulinico generato dal pane bianco. E' stato anche calcolato similmente il punteggio glicemico (GS) dell'alimento (da notare che questa definizione non è compatibile con quella di IG: è stata usata per poter avere grandezze omogenee da confrontare).
I PRODOTTI DA FORNO E LE PROTEINE ANIMALI SCATENATORI DI PESANTE RISPOSTA INSULINICA
Nei risultati della ricerca, in media il carico insulinico era proporzionale al carico glicemico, ma con delle significative differenze tra alimenti. in particolare, i prodotti da forno e gli alimenti ricchi di proteine scatenavano risposte insuliniche sproporzionatamente alte rispetto alla glicemia.
RISULTATI NUMERICI MEDI, CON CITAZIONE DI MINIMI E MASSIMI
Ecco i risultati in termini del rapporto tra carico insulinico e carico glicemico, per classe di alimenti e con esempi di alimenti specifici:
1) Frutta in media: 124±10. Minimo (108±22) banane, massimo (166±23) arance.
2) Prodotti da forno in media: 261±56. Minimo (113±21) ciambelle, massimo (483±244) croissants.
3) Snacks in media: 191±20. Minimo (109±32) pop-corn, massimo (218±65) Mars.
4) Proteine animali in media: 585±61. Minimo (135±92) uova, massimo (1583±939) manzo.
5) Carboidrati in media: 106±8. Minimo (58±5) riso integrale, massimo (156±48) pasta bianca.
6) Cereali da colazione in media: 92±5. Minimo (74±11) zuppa di avena, massimo (118±18) muesli.
BISTECCA DI MANZO, CRACKER E CROISSANT, CIOÈ PROTEINE E GRASSI, SUL BANCO DEGLI IMPUTATI
Come si vede gli alimenti ricchi di proteine animali hanno risposta insulinica molto più alta di quella glicemica. Cioè sono in grado di far produrre al pancreas molta insulina pur non contenendo quasi carboidrati e, di conseguenza, avendo un apporto quasi nullo di glucosio! Sia i cracker che i croissant sono prodotti da forno molto ricchi di grassi, e come si vede anche questo fattore influisce sulla loro risposta insulinica, che è 3-5 volte maggiore di quella glicemica (a sua volta non trascurabile in questo caso).
FRUTTA E CEREALI INTEGRALI RIVELANO BASSA REAZIONE INSULINICA
Gli alimenti a base di cereali integrali, in generale, hanno risposta insulinica bassa e indice glicemico basso, e sono dunque da preferire nelle diete per il diabete. Anche la frutta, con una media del rapporto insulina/glucosio di 124±10, si conferma come alimento da scegliere anche nelle diete per il diabete: alcuni frutti hanno alto indice glicemico ma pochi carboidrati, e presentano in generale una risposta insulinica del tutto adeguata al carico glicemico.
Per maggiori informazioni, qui sotto il link dello studio realizzato dalle d.sse Laura Sampson Kent, Mary Franz, Jennie Brand Miller del Dipartimento di Nutrizione della Harvard School of Public Health e dal dottor Walter Willett dell’Università di Sidney, Australia. (http://bit.ly/1FRsp3C)